Secondo gli scienziati gli scampi ingeriscono particelle di microplastica. Microscopiche particelle di plastica che non vorremmo mai arrivassero sulle nostre tavole.
Ogni anno milioni di tonnellate di plastica finiscono in mare. Secondo molti scienziati la plastica, sotto forma di microplastiche, viene ingerita da pesci e molluschi, contamina quello che mangiamo e raggiunge le nostre tavole. Ad avallare la tesi è lo studio di un pool dell’Università di Cagliari, ricercatori e docenti del Disva, il Dipartimento scienze vita e ambiente, realizzato in collaborazione con i colleghi dell’Università Politecnica delle Marche.
La ricerca, pubblicata dalla rivista Environmental Science and Technology, attesta che gli scampi, grazie ad una particolare struttura presente nel loro tratto digerente, nota con il nome ‘mulino gastrico’, che assolve alla stessa funzione dei denti nei mammiferi, sono in grado di triturare e sminuzzare le microplastiche. I frammenti sempre più piccoli vengono quindi eliminati in ambiente e divengono a loro volta potenziali contaminanti per animali marini più piccoli.
La strada delle microplastiche verso le nostre tavole è presto tracciata. E gli effetti sulla salute sono ancora incerti e sconosciuti, ma potrebbero anche essere pericolosi.
Il professor Alessandro Cau, dell’ateneo di Cagliari ribadisce che quanto emerso dalla ricerca è un risultato drammatico. Il prof. Spiega che “Il percorso inquinante della plastica, veicolato da animali come gli scampi in grado di triturare la plastica accumulata nell’ambiente marino, è più lungo, persistente e pervasivo di quanto si potesse prevedere fino a oggi”.
Infatti, ”potenzialmente – secondo gli scienziati, “gli scampi potrebbero essere solo i primi di una lunga lista di animali marini che hanno un ruolo attivo nel triturare la plastica già accumulata nell’ambiente“.
In più, un recente studio dell’ISPRA, che ha esaminato 128 ricerche condotte tra il 1980 e il 2019, rileva che quasi 50mila animali di 116 specie diverse nel Mediterraneo hanno ingerito plastica. Il 59% sono pesci ossei, tra cui molte che si mangiano comunemente, come sardine, triglie, orate, merluzzi, acciughe, tonni, scampi, gamberi rossi. Il restante 41% è costituito da altri animali marini come mammiferi, crostacei, molluschi, meduse, tartarughe e uccelli.
Oggi la scoperta del team di Cagliari, realizzato in collaborazione con i colleghi marchigiani, pone un nuovo quesito: quanta può essere la porzione di plastica accumulata nell’ambiente che ha subito una ‘manipolazione biologica’ nel corso dei decenni? Per il team del Disva potrebbe essere una frazione molto importante, sino ad ora non considerata.